Per comprendere il significato dell’altare e in particolare di questo altare, dobbiamo partire da un testo biblico tratto dal libro dell’Apocalisse (21,9ss):
«Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: “Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello”. L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio… È cinta da grandi e alte mura con dodici porte… . Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello… La città è a forma di quadrato: la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L’angelo misurò la città con la canna: sono dodicimila stadi; la lunghezza, la larghezza e l’altezza sono uguali».
L’altare dell’eucaristia non è solo un tavolo su cui si consuma un pasto tra amici e non è neppure solo l’ara sacrificale tipica dei sacrifici pagani; l’altare è anche questo, ma soprattutto, come dice il testo di Apocalisse, esso è la prefigurazione della nuova Gerusalemme, quella non costruita dagli uomini, ma dono perfetto di Dio per il suo popolo. Il testo dell’Apocalisse citato ci mette di fronte a significati simbolici di grande spessore. «L’architettura della città di Dio crea l’impressione della completezza e dell’armonia. Così il numero dodici, simbolo di pienezza. Il quadrato per gli antichi era la forma perfetta. Il numero dodici, cifra simbolica del popolo di Dio, moltiplicato per mille, che equivale a “moltitudine”, indica la perfezione suprema» (Note alla Bibbia CEI 2008).
Nella nostra cappella abbiamo voluto ricuperare questo significato antico che ci riporta alla memoria che, ciò che stiamo celebrando è talmente importante da essere la prefigurazione di ciò che Dio donerà agli uomini nel compimento del suo Regno. Il simbolo del cubo è il ricordo della Gerusalemme del cielo.
Come ricorda il testo biblico sui basamenti della città santa ci sono i nomi dei Dodici apostoli dell’Agnello; ecco spiegato il motivo per cui tutt’intorno all’altare sono scolpite le figure dei Dodici apostoli, tutte con lo sguardo rivolto al piano superiore dell’altare, lì dove si celebra l’eucaristia.
Sul lato frontale sono Pietro, Giacomo, Giovanni e Paolo. I primi tre li troviamo convocati da Gesù in alcuni momenti particolari della narrazione evangelica (sul Tabor nella trasfigurazione, al Getsemani durante la preghiera che precede l’arresto di Gesù e nella casa di Giairo, quando Gesù risuscita la figlia del capo della sinagoga); essi sono presenti in momenti culminanti della manifestazione del Signore. Ad essi è stato aggiunto Paolo per fare memoria del ruolo parti-colare dell’Apostolo delle Genti nell’evangelizzazione e per ricordare che quest’opera è stata compiuta nell’anno Paolino voluto dal papa Benedetto XVI.
Sugli altri tre lati sono altri otto apostoli dei quali l’unico riconoscibile è Andrea perché ai suoi piedi c’è la rete con i pesci, in memoria della sua chiamata. Tutti gli apostoli hanno in una mano il libro del Vangelo per ricordare la loro funzione missionaria, mentre con l’altra mano sono nell’atteggiamento tipico della preghiera liturgica quasi a partecipare in immagine alla liturgia che si celebra.
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L’ambone della cappella san Benedetto: luogo dell’annuncio della buona e bella notizia
L’ambone nello spazio della celebrazione non è un semplice leggio utile per appoggiare il libro delle letture. Il termine ambone deriva dal greco ana-baino (= salire) e dunque indicherebbe un luogo elevato al quale salire. Ecco perché anche nella nostra cappella esso possiede un gradino per simboleggiare la necessità di salire per proclamare la Parola.
L’ambone è «icona del santo sepolcro: l’angelo ne rotolò via la pietra e stava lì poi ad annunciare la risurrezione del Signore alle donne mirofore» (Germano di Costantinopoli). La struttura simbolica dell’ambone è la tomba vuota del Signore risorto; nella chiesa l’ambone è il segno monumentale della risurrezione. Strumentalmente esso serve prima di tutto per far udire la Parola proclamata o cantata e per far vedere i ministri che proclamano e cantano dai libri liturgici.
Per richiamare questa simbologia antica abbiamo voluto scolpire sul lato frontale dell’ambone l’angelo della risurrezione, seduto sulla pietra ribaltata, pronto per incontrare la sempre nuova comunità dei discepoli e rinnovare per loro l’annuncio della Pasqua. Con una mano esso indica le bende in terra, testimoni dell’assenza del corpo del Crocifisso: narra il vangelo di Giovanni che il discepolo amato appena vide le bende nel sepolcro vuoto, credette (Gv 20,6‑9); l’altra mano rappresenta l’invito ad andare: dal sepolcro vuoto e dall’annuncio della risurrezione nasce la missione della Chiesa come testimonianza al mondo della vittoria di Cristo sul male e sulla morte realizzata nella Pasqua.
don Andrea Turchini